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martedì 2 dicembre 2008

Storie di ordinaria follia

In questo momento sono esattamente quattro anni.
On Air: Us and Them dei Pink Floyd.
Quattro anni di esperienze, emozioni, di lacrime e sorrisi, di viaggi e cambiamenti.

Lara decise quel pomeriggio di andare a casa di Matteo. Qualche giorno prima andarono al cinema insieme ad altri amici... Veronica, una compagna di scuola di Lara, attratta da Daniele, indeciso tra l'enigmatica Veronica e la semplice Lara... e con Giulio, quello che, la sera stessa, dopo il cinema, diventò il suo ex ragazzo. Matteo aveva però un qualcosa che solo Lara aveva colto: degli occhi raggianti ed un senso dell'umorismo particolare. Dopo sms dolci e spiritosi decise quel pomeriggio, mentendo a sua madre, di andare a casa sua. Lo trovò più carino dei giorni passati. Andarono insieme in camera di Matteo, per sentire un po' di musica. Dopo aver visto che i gusti musicali erano particolarmente diversi, decisero di restare sul letto a parlare un po'. Dopo qualche minuto le loro mani erano vicine, e Lara cominciò a baciargli lentamente la guancia per poi scendere ed arrivare alla bocca. Matteo, imbarazzato, disse: "Devi scusarmi, ma non so baciare...". Lara lo accarezzò dolcemente e gli rispose: "Non preoccuparti... non è un problema!" E sorridendo tornò a baciarlo, sicura che in quel momento avrebbe finalmente deciso di innamorarsi.

Dopo quattro anni: Giulio lavora in un bar, alle dipendenze di suo padre. Veronica frequenta la facoltà di Biotecnologia, sola, single e con un 100 nel taschino. Daniele ci ha provato con lei svariate volte, si è successivamente innamorato di Lara che lo ha reso felice per svariato tempo, e successivamente gli ha distrutto l'esistenza svariate volte. Lara, dal canto suo, arranca tra l'università e l'esaurimento nervoso. E Matteo decide di sposarsi. L'anno prossimo. Con un'altra.

Tutti vissero felici e contenti.

With or without you.

sabato 31 maggio 2008

Kill V B vol. 1

Stanotte ho fatto un sogno: era ambientato al liceo Manzoni, ma aveva poco a che fare con la scuola. Era, più che altro, una Storia Di Sanguinosa Vendetta. Tarantino mi ammazzerebbe per questo vile plagio della sua opera, ma che devo fa', se ho bisogno di uno psicanalista si vede anche da questo.


Capitolo 1 - Nome in codice: Black Sheep
Che fossi una pecora nera era poco ma sicuro, ma nessuno si sarebbe mai immaginato ciò che vado a raccontarvi.

18 giugno: esami di Stato.
La V B è tutta agghindata per fare colpo sulla commissione: risatine, sguardi fugaci ed atteggiamenti da idiote. Di Vix nemmeno l'ombra. Nessuno sembra fregarsene più di tanto: in fondo, è una in meno contro cui combattere per ambire ad un voto discreto e fare colpo sugli esterni. Firme, documenti, dizionari, fogliettini ed appunti che si intravedono nelle tasche. Appello, suona la campanella e può cominciare la prima prova. Vix non c'è. Tutte le papere hanno smesso di starnazzare e stanno cominciando a scrivere il proprio compito.
Un rumore di tacchi sul pavimento disturba i loro pochi neuroni, ma continuano nell'estenuante lavoro di copia dal temario.
Vix arriva. Senza notare la beretta calibro 9 nella sua mano, qualcuno dice: "Ma come si è vestita?". I pantaloni di pelle e la camicetta bianca danno più nell'occhio di una 9 mm. (Può succedere solo in classe mia... n.d.A.).
E dopo che i suoi colpi esplodono su quelle facce di cazzo, se ne torna da dove è venuta.


Questa è malattia mentale.

lunedì 10 marzo 2008

Photos

Niobe e Malcom erano sotto casa di Doom. Malcom non era molto sicuro di ciò che stavano per fare, ma Niobe aveva già suonato alla porta, sicura che Doom non fosse in casa. La domestica aprì la porta e li riconobbe: "Doom non c'è ma dovrebbe tornare a momenti. Da quanto non vi si vede, state bene? Ma prego, accomodatevi. Se volete, aspettatelo in camera sua."
I due annuirono sorridendo e si recarono nella stanza. Osservarono che la disposizione dei mobili era cambiata, ma qualcosa di più rilevante colpì la loro attenzione: i poster con le immagini di Niobe e Doom, quando erano insieme, coprivano i muri; sorrisi, baci, immagini di due ragazzi felici... Malcom la prese per mano: la fine di un amore troppo breve e troppo grande aveva segnato profondamente il fragile animo di Niobe. Lui lo sapeva, ma non poteva fare a meno di continuare ad amarla, lei, la compagna di una vita, l'eterna amica e confidente, la spalla su cui aveva pianto troppe volte e che Malcom non aveva mai potuto consolare, se non per il male provocatole da Doom, quell'amico di cui si era fidato anche lui. Malcom sapeva che quelle foto sarebbero state il colpo di grazia per la sua piccola amica, quindi prese coraggio e le disse: "Sediamoci sul letto e chiariamo i tuoi pensieri".
Niobe vide dei fogli sulla scrivania e il pc acceso. Lesse l'ultima conversazione con Barbara, il suo ultimo flirt, in cui diceva: "Ti amo cucciola. Sei speciale *.*". Ci era cascata anche lei. Come Barbara e come tante altre, ma pensava che con lei sarebbe stato diverso. E infatti le foto lo testimoniavano. E Doom continuava a mentire.
Niobe riconobbe il rumore della sua auto, ma scendere le scale sarebbe stato troppo rischioso. "La finestra!" disse Niobe, seguita da Malcom che però non sembrava molto convinto: "Sei sicura? Siamo al terzo piano!". "Ma si, sono solo due piani da scendere e siamo giù..." "Veramente sarebbero tre". Niobe lo guardò seccata: "Ma come sei preciso, che ci vuole?!". Intanto Doom scese dalla macchina e li vide. Malcom non sapeva che fare: gli sorrise falsamente e lo salutò con la mano. "O cazzarola! Ha visto anche me?". Ma Malcom non rispose e cominciò a calarsi dalla grondaia. Niobe lo seguì e, una volta scesi, si trovarono faccia a faccia.

domenica 17 febbraio 2008

Ricordi

"Lo faresti davvero?". Lui era tornato, è vero, ma solo per poco. Se ne sarebbe andato e V avrebbe potuto completare l'opera. Ma non fu così facile.
"Dai, rispondimi. Ne sei davvero convinta?". V lo guardò. Le scese una lacrima ma cercò di resistere. "Rispondimi. Se la tua risposta sarà convincente, fallo. Chiuderò quella porta, ti dirò addio e farò finta di non essere mai stato qui. Ma in caso contrario butterai quella pistola."
Le mani di lei tremavano. Non lo aveva mai sentito parlare in quel modo. "Va via. Non hai bisogno di me. Vuoi sapere il perchè, ma che ti importa? Questo cambierebbe le cose? No. Tu hai lei, non hai bisogno di me. Nessuno ha bisogno di me. E non posso sopportare oltre il male di vivere...". Era decisa ma lo sguardo di Lui la fece cadere nell'incertezza. "Io ho bisogno di te. In questi due anni non ho fatto altro che pensare a noi... quella ragazza, poi, vabbè... non è importante. Tu sei importante. E ora che ti ho ritrovata non sopporterei di perderti di nuovo... e per sempre...". Le si avvicinò e le sussurrò: "Non sai quanto ho cercato questo profumo... una fragranza particolare, che sa di buono... è odore d'amore... non di sesso, ipocrisia e falsità... è odore di te."
V si abbandonò a tutti i pensieri più dolci, a tutti i momenti passati insieme: a quella sera sul suo letto, al primo bacio con Lui, alle notti in riva al mare, ai sogni fatti insieme... e a quel "Non ti lascerò mai" così vero e così falso.
Lui colse l'occasione per stringerla a sè, prenderle le mani e far scivolare la pistola sul pavimento e, abbracciandola, la costrinse a rassegnarsi, a togliersi la maschera e scivolare in un pianto sommesso che nascondesse tutta la paura accumulata fino ad allora.
Stettero stretti per un tempo che sembrava fosse eterno, e quando si sciolsero da quell'abbraccio, V lo baciò. Un bacio vero. Quello che aspettava. Quello che le è mancato per quei due anni. Quello che solo lui sa darle. E in uno sguardo capì che non avrebbe mai più desiderato altro...

...il resto è storia.



Bene, miei cari, questa piccola storiella è finita. Spero di avervi emozionato, fatto riflettere o almeno intrattenuto per un po'. Come ben sapete, i miei personaggi sono di fantasia, ma ognuno poi dà la propria interpretazione. Chi mi conosce è libero di leggere tra le righe, ma il mio intento non è quello. Mi piace scrivere. Mi dicono anche che lo so fare abbastanza bene. La dedica va ovviamente a tutti voi che avete seguito le vicende di V, ma soprattutto a chi mi ha ispirato* per questa storia. Ovviamente non finisce qui. Magari la prossima si chiamerà Niobe, o Gertrude, o F, G, H... vedremo... per ora vi ringrazio. Per aver avuto la pazienza di seguirmi finora. E per aver dato soddisfazione alla mia creatività.

A presto,
Vix



*Ti amo...

venerdì 15 febbraio 2008

Calibro 9

V si ritrovò sul divano di casa sua, fra le foto, i ricordi e l'amarezza. "I just want you to know who I am". I Goo Goo Dolls segnavano le parole che correvano nella sua mente. Aveva raggiunto se stessa. Aveva capito l'importanza di vivere e di amare. Si sentì in colpa, per tutti quelli che aveva punito, puntandogli la pistola alla tempia. Lei avrebbe dovuto fare lo stesso. Gli altri l'avevano fatta soffrire, ma lei aveva fatto di peggio. Pretendeva finanche che lui, l'unico vero amore, le avesse lasciato l'opportunità di entrare nel suo cuore, calpestato e distrutto, quando avrebbe voluto. Non sarebbe andata così. M si era rifatto una vita, e a suo modo, era felice. Oppure quello che amava definire il suo "Pirandello dei Poveri" credeva che i soldi gli avrebbero dato la felicità, e sperava di esserci giunto. Ma erano tutti in un altro posto in quel momento. E ce li aveva mandati lei. Per egoismo. Perchè era Giusto. Ma chi può dire cosa lo è e cosa no? Di certo non lei. Lei che desiderava. Lei che non aveva perso l'abitudine di sognare. Lei che ora guardava la vita con gli occhi di un bambino appena nato, curioso di scoprire e di entrare a far parte del mondo. Con Lui.
...ma lui non c'era. La beretta calibro 9 la osservava. Le poneva domande. V la prese. La caricò e la provò contro il lampadario che andò in frantumi. Ora non restava altro che caricarla nuovamente e puntarla alla sua tempia, come aveva fatto le altre volte con il poeta e con M. Ci vuole coraggio per ammazzarsi: sai che non hai una seconda chance, non ci puoi ripensare e se non sei deciso è finita. Oddio, anche se lo sei. E' finita in ogni caso.
Prese coraggio. Lo doveva a tutti. A Pirandello. Ad M. E a Lui. Soprattutto a Lui.
Con la mano ferma sentì il cuore battere forte e la punta fredda della pistola sfiorarle la tempia.

Era giunto il momento di regolare i conti.

In quel momento le ultime note della canzone dicevano "When everything's made to be broken...". E tutto era ormai a pezzi.
Il dito era sul grilletto ma un rumore la distrasse. Un'auto. Non c'era tempo di pensare a cosa succedeva fuori. Riprese la concentrazione, e qualcuno spalancò la porta. Era Lui. Era tornato. Non l'aveva sostituita nè dimenticata. E le aveva appena salvato la vita.

domenica 10 febbraio 2008

Un altro passo verso l'alcolismo


E dopo un Negroni mi arriva l'ispirazione: V torna in scena, che vi piaccia o no.

Arrivò sotto casa sua quando il sole era tramontato da poco. Mille idee, domande, timori le affollavano la mente, ritornando a quel giorno in cui, due anni prima, gli disse addio. Quel giorno in cui la rabbia e il rancore le permisero di scappare. Quel giorno che non riuscì a dimenticare.
L'odore dei gerani la distrasse dai suoi tormenti interiori e, con le lacrime che le rigavano il viso, decise di affrontarlo. Lui era il suo passato, un passato di corse sulla spiaggia, stelle cadenti e baci rubati, di sogni, progetti e aspirazioni... lo stesso passato che l'ha fatta fuggire. Le aspirazioni comportano impegno, i sogni svaniscono e i baci diventano solo baci, perdendo la magia... Un passato volato via, lasciandola delusa, seduta sul ciglio di una strada, ma che continuava a darle sicurezza, anche da lontano.
Per cominciare a contare solo su se stessa, V pensava sarebbe bastato "eliminare il superfluo", darsi altre motivazioni e nuove strade da percorrere. Ma alla fine era di nuovo lì, col profumo dei gerani e il vento che le accarezzava i capelli.
Decisa sul da farsi, spense l'auto e diede un'occhiata al trucco sbavato. Si infilò gli occhiali da sole ma nello specchio retrovisore intravide due persone.

Lui era lì. Con una ragazza. E ridevano insieme.

Lui la vide, il suo sguardo si fece strano, ma V ingranò la prima e scappò via. Per l'ennesima volta.

mercoledì 6 febbraio 2008

Tutti tranne me

Oggi mi arriva un messaggio da un’amica con su scritto: “Auguri Ale”
Poi me ne arriva un altro e un altro ancora: “Ti voglio bene, auguri”.
Così mi giro verso la tipa ubriaca e con la sesta di seno che dorme accanto a me abbracciata al mio cuscino e le dico.
“Senti…”
Mi risponde ricordandomi il suo nome.
“Scusa, è che l’alcol…”
Mi risponde ancora dicendomi, “sì sì, non fa niente”. Sotto le lenzuola è nuda, ma con le lenzuola addosso pare avere un Burka. In quel momento penso che probabilmente tutte le donne islamiche sotto il Burka sono completamente nude e questo mi aiuta a capire le culture altrui e ad accettarle. Non dovevo comunque metterle, le lenzuola, idiota che non sono altro.
“Mi mandano messaggi da stamattina”.
“Lo so, per questo sono sveglia, la prossima volta spegni”.
Non bisogna usare il termine “prossima volta” con un uomo appena alzato e sbronzo, se ci hai appena fatto sesso. Alzo la scritta “elephant” delle mie mutande e guardo come sono messo. Poi guardo lei, poi di nuovo dentro le mie mutande. Un’occhiata ancora a lui e non appena mi volto verso lei scopro che mi osserva. Ha il trucco di un’intera faccia spostato su un unico punto della guancia destra:
“E’ inutile che guardi, non ho intenzione di scoparti di nuovo”.
“No” dico sospirando, “è che vi somigliate un casino”.
Pensavo si fosse svestita velocemente, troppo per poter pensare che tutti quei discorsi sulla serietà di un rapporto potessero essere farina del suo sacco, ma…
Vedete, dice il saggio Oscar Wilde che basta una battuta per far spogliare una donna:
io sono l’unico che con una battuta riesce a farla rivestire più in fretta di quanto ha impiegato per svestirsi.
E dico: “Tutti mi fanno gli auguri ma non dicono di che”.
“Coglione e senza cervello” mi dice, “alla faccia dello scrittore affascinante”.
Se ne va, lei, e mi lascia con lo stomaco raggrinzito, sconvolto e stravolto, disinvolto per natura circa le vivaci emozioni dell’abbandono femminile, coinvolto sentimentalmente quanto un macellaio nella causa Vegan, contorto su me stesso a ricevere insensati auguri su un materasso a molla rotto.
Compongo un numero e dico:
-Pronto?
-Con chi parlo?
-Sono Alessandro
-Auguri, ma quanto tem.
E stacco il telefono.
Era mia Nonna. Lei ricorda tutti i compleanni dei nipoti, anche se ne ha 41 contando i bisnipoti. E’ lei la sicurezza che oggi è il primo di Agosto, il giorno del mio compleanno.
Sbronzo penso di dover essere meglio di ciò che sono, ma ci proverò quando scoprirò ciò che sono. Dovrei andare a trovare mia Nonna, un giorno di questi lo farò.
Ma non adesso, adesso devo… Vomitare...

sabato 29 dicembre 2007

Parte seconda

V uscì dalla camera d’albergo con la seria intenzione di bere un vodka-cola. Mentre si dirigeva nel lungo corridoio illuminato dai faretti, sentì una voce familiare. Poco dopo dalla 318 uscì una sgallettata col trucco sciolto che rideva e che a malapena riusciva a reggersi in piedi. Quando questa se ne fu andata, riconobbe la voce: M. Passò davanti alla sua camera con la porta socchiusa ma non potè fare a meno di guardarvi all’interno. In quel momento M la vide e rise. V affrettò il passo e cercò di scappare. Lui la raggiunse in accappatoio (M era sempre in accappatoio), le afferrò il braccio e le chiese: “Da quando in qua non mi saluti?”. V riflettè: in fondo era troppo tardi. Non poteva permettersi di sbagliare. Con lui poi…

“Da quando ho visto la gente con cui esci… persone colte ed affascinanti…” disse riferendosi alla semi-squillo vista prima. M rise. “Le donne non sono altro che bambole nelle mie mani. Se solo volessi, potrei farti cedere in qualunque momento. Non puoi dimenticare quello che c’è stato fra noi…” e così dicendo, cominciò ad accarezzarle il collo. Dentro di lei i sentimenti si accavallavano e confondevano, ricordi e realtà erano ormai un unico insieme di eccitanti sensazioni. Il respiro di M aveva quel profumo che l’aveva fatta impazzire tempo prima, ed ora era come se tutto fosse tornato… “Sono cambiata, M. Non puoi pensare che dopo ciò che mi hai fatto possa solo pensare di avere con te un qualsiasi rapporto…”. V era decisa. Non gli avrebbe lasciato il tempo né l’occasione di agire. Ma M la pensava diversamente: “Ok, ok, ok. Hai ragione, mi dispiace. Sono stato un cretino. Non avrei dovuto farti del male immotivato. Ma anch’io sono cambiato. Smettiamola di scherzare, io sono innamorato solo di te. Sei l’unica, davvero… V, ti prego. Dammi un’altra possibilità. Io e te siamo fatti per stare insieme…” ed una lacrima gli rigò il viso. V era spaesata. Lui le prese la mano, la baciò con dolcezza e la guardò negli occhi, quegli occhi che aveva visto soffrire, gioire, ridere e piangere. Le entrò nel cuore ricomponendo ciò che aveva distrutto. E V si lasciò trasportare.

Solo per una notte.

Lei si svegliò e l’orologio segnava le 3.27. Andò a farsi una doccia e lui si svegliò. La osservò mentre si asciugava ed accese la tv. “M, non imparerai mai.”. Lei si stese sul letto, si accese una sigaretta e si ricordò di quella persona che aveva fatto soffrire allo stesso modo. Quella persona che non aveva mai smesso di amare. Quel cuore che aveva distrutto per quel cretino che guardava i risultati del campionato al suo fianco. M…che squallore. Vittima di un omuncolo che non merita un centesimo. “M, devo andare.”

“Prendi il mio cellulare e chiama un taxi. Mettilo sul mio conto. Poi ti chiamo, magari ci si rivede, ok?”.

Stronzo.

Il cadavere di M giaceva sul pavimento mentre V lasciava l’albergo, confondendosi tra le migliaia di turisti: aveva finalmente cominciato a seguire il suo cuore.

martedì 18 dicembre 2007

In my dreams...

Nella camera col soffitto azzurro e le tendine di seta lilla, lei lo fissava con aria interrogativa. Le lenzuola nascondevano ancora quel profumo di attimi senza fine, di istinti e passioni, di uomo e donna, di vita. Una leggera brezza sfiorò i loro corpi vicini, stretti in un abbraccio. Le parole di V risuonarono come un dolce suono in equilibrio fra il bene e il male: “Mi ami?”. Lui sembrò scosso da quelle parole, così inaspettate e così profonde. “Ma certo, chery, che ti amo. Come potrei non amarti? Sai di avermi donato la felicità. Il sorriso della mia donna è l’alba del mio giorno… di chi era? Nietzsche forse… o magari gli Eagles…”.

Pensava di essere divertente… non lo era affatto.

In quell’atmosfera, però, anche un clown in bilico sul filo sarebbe stato romantico. La luce del sole filtrava dalla finestra, e, per un attimo, sembrò che il paradiso non fosse più tanto lontano.

“Cosa faresti per me?”. “Piccola, ti porterei in cima al mondo. E ti regalerei la stella più bella del cielo e ti renderei così felice da dire SEI L’UOMO DELLA MIA VITA.” Gli occhi di lui erano sempre gli stessi. Quelli dolci che aveva fatto ad ogni donna, amante o amica. Quelli vuoti, incoerenti con le parole che la bocca pronunciava. Ma non lo tradivano. Avevano inscenato quella parte tante volte da sembrare sinceri. “E se dovessi scegliere, se ti trovassi davanti ad un bivio?”. Le domande di V diventavano più impegnative, quella parte cominciava ad essere difficile, ma in ogni caso, ormai lei era già stesa nuda al suo fianco, la sua missione era andata a buon fine. “Un bivio?” quelle parole, però, erano sincere. Non capiva, era confuso, ma lei era così bella… “Ma si, se ti chiedessero di scegliere… cioè, sarei la tua unica scelta?”. Lui: “Non lo so, ma si, ovvio, come potrei pensare a qualcosa che non sia tu? Oddio, poi bisognerebbe vedere a cosa vieni paragonata…” e ammiccò con un sorriso da rappresentante che vuole venderti un microonde a energia solare.

“Ok. Se dovessi scegliere tra la vita e me, cosa sceglieresti?”. Dai, questa è facile: “Te, perché tu sei la mia vita…”.

Lei si girò, lo guardò negli occhi e disse: “Sbagliato!”. E gli sparò.