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domenica 17 febbraio 2008

Ricordi

"Lo faresti davvero?". Lui era tornato, è vero, ma solo per poco. Se ne sarebbe andato e V avrebbe potuto completare l'opera. Ma non fu così facile.
"Dai, rispondimi. Ne sei davvero convinta?". V lo guardò. Le scese una lacrima ma cercò di resistere. "Rispondimi. Se la tua risposta sarà convincente, fallo. Chiuderò quella porta, ti dirò addio e farò finta di non essere mai stato qui. Ma in caso contrario butterai quella pistola."
Le mani di lei tremavano. Non lo aveva mai sentito parlare in quel modo. "Va via. Non hai bisogno di me. Vuoi sapere il perchè, ma che ti importa? Questo cambierebbe le cose? No. Tu hai lei, non hai bisogno di me. Nessuno ha bisogno di me. E non posso sopportare oltre il male di vivere...". Era decisa ma lo sguardo di Lui la fece cadere nell'incertezza. "Io ho bisogno di te. In questi due anni non ho fatto altro che pensare a noi... quella ragazza, poi, vabbè... non è importante. Tu sei importante. E ora che ti ho ritrovata non sopporterei di perderti di nuovo... e per sempre...". Le si avvicinò e le sussurrò: "Non sai quanto ho cercato questo profumo... una fragranza particolare, che sa di buono... è odore d'amore... non di sesso, ipocrisia e falsità... è odore di te."
V si abbandonò a tutti i pensieri più dolci, a tutti i momenti passati insieme: a quella sera sul suo letto, al primo bacio con Lui, alle notti in riva al mare, ai sogni fatti insieme... e a quel "Non ti lascerò mai" così vero e così falso.
Lui colse l'occasione per stringerla a sè, prenderle le mani e far scivolare la pistola sul pavimento e, abbracciandola, la costrinse a rassegnarsi, a togliersi la maschera e scivolare in un pianto sommesso che nascondesse tutta la paura accumulata fino ad allora.
Stettero stretti per un tempo che sembrava fosse eterno, e quando si sciolsero da quell'abbraccio, V lo baciò. Un bacio vero. Quello che aspettava. Quello che le è mancato per quei due anni. Quello che solo lui sa darle. E in uno sguardo capì che non avrebbe mai più desiderato altro...

...il resto è storia.



Bene, miei cari, questa piccola storiella è finita. Spero di avervi emozionato, fatto riflettere o almeno intrattenuto per un po'. Come ben sapete, i miei personaggi sono di fantasia, ma ognuno poi dà la propria interpretazione. Chi mi conosce è libero di leggere tra le righe, ma il mio intento non è quello. Mi piace scrivere. Mi dicono anche che lo so fare abbastanza bene. La dedica va ovviamente a tutti voi che avete seguito le vicende di V, ma soprattutto a chi mi ha ispirato* per questa storia. Ovviamente non finisce qui. Magari la prossima si chiamerà Niobe, o Gertrude, o F, G, H... vedremo... per ora vi ringrazio. Per aver avuto la pazienza di seguirmi finora. E per aver dato soddisfazione alla mia creatività.

A presto,
Vix



*Ti amo...

venerdì 15 febbraio 2008

Calibro 9

V si ritrovò sul divano di casa sua, fra le foto, i ricordi e l'amarezza. "I just want you to know who I am". I Goo Goo Dolls segnavano le parole che correvano nella sua mente. Aveva raggiunto se stessa. Aveva capito l'importanza di vivere e di amare. Si sentì in colpa, per tutti quelli che aveva punito, puntandogli la pistola alla tempia. Lei avrebbe dovuto fare lo stesso. Gli altri l'avevano fatta soffrire, ma lei aveva fatto di peggio. Pretendeva finanche che lui, l'unico vero amore, le avesse lasciato l'opportunità di entrare nel suo cuore, calpestato e distrutto, quando avrebbe voluto. Non sarebbe andata così. M si era rifatto una vita, e a suo modo, era felice. Oppure quello che amava definire il suo "Pirandello dei Poveri" credeva che i soldi gli avrebbero dato la felicità, e sperava di esserci giunto. Ma erano tutti in un altro posto in quel momento. E ce li aveva mandati lei. Per egoismo. Perchè era Giusto. Ma chi può dire cosa lo è e cosa no? Di certo non lei. Lei che desiderava. Lei che non aveva perso l'abitudine di sognare. Lei che ora guardava la vita con gli occhi di un bambino appena nato, curioso di scoprire e di entrare a far parte del mondo. Con Lui.
...ma lui non c'era. La beretta calibro 9 la osservava. Le poneva domande. V la prese. La caricò e la provò contro il lampadario che andò in frantumi. Ora non restava altro che caricarla nuovamente e puntarla alla sua tempia, come aveva fatto le altre volte con il poeta e con M. Ci vuole coraggio per ammazzarsi: sai che non hai una seconda chance, non ci puoi ripensare e se non sei deciso è finita. Oddio, anche se lo sei. E' finita in ogni caso.
Prese coraggio. Lo doveva a tutti. A Pirandello. Ad M. E a Lui. Soprattutto a Lui.
Con la mano ferma sentì il cuore battere forte e la punta fredda della pistola sfiorarle la tempia.

Era giunto il momento di regolare i conti.

In quel momento le ultime note della canzone dicevano "When everything's made to be broken...". E tutto era ormai a pezzi.
Il dito era sul grilletto ma un rumore la distrasse. Un'auto. Non c'era tempo di pensare a cosa succedeva fuori. Riprese la concentrazione, e qualcuno spalancò la porta. Era Lui. Era tornato. Non l'aveva sostituita nè dimenticata. E le aveva appena salvato la vita.

domenica 10 febbraio 2008

Un altro passo verso l'alcolismo


E dopo un Negroni mi arriva l'ispirazione: V torna in scena, che vi piaccia o no.

Arrivò sotto casa sua quando il sole era tramontato da poco. Mille idee, domande, timori le affollavano la mente, ritornando a quel giorno in cui, due anni prima, gli disse addio. Quel giorno in cui la rabbia e il rancore le permisero di scappare. Quel giorno che non riuscì a dimenticare.
L'odore dei gerani la distrasse dai suoi tormenti interiori e, con le lacrime che le rigavano il viso, decise di affrontarlo. Lui era il suo passato, un passato di corse sulla spiaggia, stelle cadenti e baci rubati, di sogni, progetti e aspirazioni... lo stesso passato che l'ha fatta fuggire. Le aspirazioni comportano impegno, i sogni svaniscono e i baci diventano solo baci, perdendo la magia... Un passato volato via, lasciandola delusa, seduta sul ciglio di una strada, ma che continuava a darle sicurezza, anche da lontano.
Per cominciare a contare solo su se stessa, V pensava sarebbe bastato "eliminare il superfluo", darsi altre motivazioni e nuove strade da percorrere. Ma alla fine era di nuovo lì, col profumo dei gerani e il vento che le accarezzava i capelli.
Decisa sul da farsi, spense l'auto e diede un'occhiata al trucco sbavato. Si infilò gli occhiali da sole ma nello specchio retrovisore intravide due persone.

Lui era lì. Con una ragazza. E ridevano insieme.

Lui la vide, il suo sguardo si fece strano, ma V ingranò la prima e scappò via. Per l'ennesima volta.

sabato 29 dicembre 2007

Parte seconda

V uscì dalla camera d’albergo con la seria intenzione di bere un vodka-cola. Mentre si dirigeva nel lungo corridoio illuminato dai faretti, sentì una voce familiare. Poco dopo dalla 318 uscì una sgallettata col trucco sciolto che rideva e che a malapena riusciva a reggersi in piedi. Quando questa se ne fu andata, riconobbe la voce: M. Passò davanti alla sua camera con la porta socchiusa ma non potè fare a meno di guardarvi all’interno. In quel momento M la vide e rise. V affrettò il passo e cercò di scappare. Lui la raggiunse in accappatoio (M era sempre in accappatoio), le afferrò il braccio e le chiese: “Da quando in qua non mi saluti?”. V riflettè: in fondo era troppo tardi. Non poteva permettersi di sbagliare. Con lui poi…

“Da quando ho visto la gente con cui esci… persone colte ed affascinanti…” disse riferendosi alla semi-squillo vista prima. M rise. “Le donne non sono altro che bambole nelle mie mani. Se solo volessi, potrei farti cedere in qualunque momento. Non puoi dimenticare quello che c’è stato fra noi…” e così dicendo, cominciò ad accarezzarle il collo. Dentro di lei i sentimenti si accavallavano e confondevano, ricordi e realtà erano ormai un unico insieme di eccitanti sensazioni. Il respiro di M aveva quel profumo che l’aveva fatta impazzire tempo prima, ed ora era come se tutto fosse tornato… “Sono cambiata, M. Non puoi pensare che dopo ciò che mi hai fatto possa solo pensare di avere con te un qualsiasi rapporto…”. V era decisa. Non gli avrebbe lasciato il tempo né l’occasione di agire. Ma M la pensava diversamente: “Ok, ok, ok. Hai ragione, mi dispiace. Sono stato un cretino. Non avrei dovuto farti del male immotivato. Ma anch’io sono cambiato. Smettiamola di scherzare, io sono innamorato solo di te. Sei l’unica, davvero… V, ti prego. Dammi un’altra possibilità. Io e te siamo fatti per stare insieme…” ed una lacrima gli rigò il viso. V era spaesata. Lui le prese la mano, la baciò con dolcezza e la guardò negli occhi, quegli occhi che aveva visto soffrire, gioire, ridere e piangere. Le entrò nel cuore ricomponendo ciò che aveva distrutto. E V si lasciò trasportare.

Solo per una notte.

Lei si svegliò e l’orologio segnava le 3.27. Andò a farsi una doccia e lui si svegliò. La osservò mentre si asciugava ed accese la tv. “M, non imparerai mai.”. Lei si stese sul letto, si accese una sigaretta e si ricordò di quella persona che aveva fatto soffrire allo stesso modo. Quella persona che non aveva mai smesso di amare. Quel cuore che aveva distrutto per quel cretino che guardava i risultati del campionato al suo fianco. M…che squallore. Vittima di un omuncolo che non merita un centesimo. “M, devo andare.”

“Prendi il mio cellulare e chiama un taxi. Mettilo sul mio conto. Poi ti chiamo, magari ci si rivede, ok?”.

Stronzo.

Il cadavere di M giaceva sul pavimento mentre V lasciava l’albergo, confondendosi tra le migliaia di turisti: aveva finalmente cominciato a seguire il suo cuore.

martedì 18 dicembre 2007

In my dreams...

Nella camera col soffitto azzurro e le tendine di seta lilla, lei lo fissava con aria interrogativa. Le lenzuola nascondevano ancora quel profumo di attimi senza fine, di istinti e passioni, di uomo e donna, di vita. Una leggera brezza sfiorò i loro corpi vicini, stretti in un abbraccio. Le parole di V risuonarono come un dolce suono in equilibrio fra il bene e il male: “Mi ami?”. Lui sembrò scosso da quelle parole, così inaspettate e così profonde. “Ma certo, chery, che ti amo. Come potrei non amarti? Sai di avermi donato la felicità. Il sorriso della mia donna è l’alba del mio giorno… di chi era? Nietzsche forse… o magari gli Eagles…”.

Pensava di essere divertente… non lo era affatto.

In quell’atmosfera, però, anche un clown in bilico sul filo sarebbe stato romantico. La luce del sole filtrava dalla finestra, e, per un attimo, sembrò che il paradiso non fosse più tanto lontano.

“Cosa faresti per me?”. “Piccola, ti porterei in cima al mondo. E ti regalerei la stella più bella del cielo e ti renderei così felice da dire SEI L’UOMO DELLA MIA VITA.” Gli occhi di lui erano sempre gli stessi. Quelli dolci che aveva fatto ad ogni donna, amante o amica. Quelli vuoti, incoerenti con le parole che la bocca pronunciava. Ma non lo tradivano. Avevano inscenato quella parte tante volte da sembrare sinceri. “E se dovessi scegliere, se ti trovassi davanti ad un bivio?”. Le domande di V diventavano più impegnative, quella parte cominciava ad essere difficile, ma in ogni caso, ormai lei era già stesa nuda al suo fianco, la sua missione era andata a buon fine. “Un bivio?” quelle parole, però, erano sincere. Non capiva, era confuso, ma lei era così bella… “Ma si, se ti chiedessero di scegliere… cioè, sarei la tua unica scelta?”. Lui: “Non lo so, ma si, ovvio, come potrei pensare a qualcosa che non sia tu? Oddio, poi bisognerebbe vedere a cosa vieni paragonata…” e ammiccò con un sorriso da rappresentante che vuole venderti un microonde a energia solare.

“Ok. Se dovessi scegliere tra la vita e me, cosa sceglieresti?”. Dai, questa è facile: “Te, perché tu sei la mia vita…”.

Lei si girò, lo guardò negli occhi e disse: “Sbagliato!”. E gli sparò.